In attesa di riaverlo nuovamente a Macerata – domenica 22 aprile, alle 16, nella parrocchia di Collevario – e congratulandoci con lui perché il suo libro d’esordio Anna che sorride alla pioggia, presentato per la prima volta nella sede Anffas lo scorso settembre, è vincitore del premio selezione Bancarella 2018, incontriamo l’istrionico Guido Marangoni.
Ingegnere informatico per dedizione e showman per vocazione Marangoni, fra l’uno e l’altro impegno, riesce a far vivere in un vortice di adrenalina tutte le sue altre passioni e progetti. Fra questi tre anni fa ha aperto la pagina Facebook “Buone notizie secondo Anna” in cui ha scelto di sorridere dei luoghi comuni relativi alla sindrome di Down, per suggerire un rapporto più positivo e costruttivo con la disabilità, mettendo sempre al primo posto la persona.
Il libro Anna che sorride alla pioggia racconta la storia emozionante della famiglia Marangoni che, all’arrivo della terza figlia, Anna, che ha la sindrome di Down, al prezzo di qualche lacrima e molti sorrisi, è capace di guardare alla vita con ottimismo e fiducia.
Come è cambiato, se è cambiato, il senso della vostra vita quando, sua moglie e le vostre figlie Marta e Francesca avete conosciuto Anna?
“Non sono sicuro che sia cambiato il senso della vita ma sicuramente la mia e la nostra vita si è arricchita dopo l’incontro con Anna. Quando era in pancia, anche se riuscivo a sentirla muovere appoggiando le mani, anche se provavo a parlarci usando l’ombelico come amplificatore, anche se mi sforzavo di immaginarla, c’era sempre la paura e la notizia della sindrome di Down a vegliare su di me. Quando poi è avvenuto l’incontro… allora tutto è cambiato. La sindrome di Down continua ad esserci e ad esistere, ma è passata in secondo piano per lasciare spazio ad Anna. È difficile da descrivere, ma l’esperienza dell’incontro con Anna, e con le altre persone, in realtà non cambia il senso, ma forse è proprio il senso delle nostre vite.”
C’è prima Anna, il suo sorridere alla pioggia (e non solo) ed essere veramente amabile, o il messaggio che volete dare sulla diversità?
“Per me e mia moglie Daniela, Anna, con Marta e Francesca, sicuramente vengono prima di ogni altra cosa. Il sorridere di Anna alla pioggia ci rallegra e ci suggerisce che esiste sempre un punto di vista diverso, non giusto o sbagliato, ma “diverso” in ogni cosa che ci accade nella vita. Già da questo si intuisce che la diversità è una bella cosa. Un po’ come succede quando vedi un bel tramonto: chiami le altre persone per dire “venite a vedere che meraviglia!”. Quando scopri una cosa potente come la bellezza della diversità non puoi tenerlo nascosto. E così il messaggio che vogliamo dare diventa, prima di tutto, un condividere, non per convincere che è una cosa giusta, ma semplicemente un suggerire che se proviamo a restituire bellezza alla diversità questo ci fa stare meglio tutti!”
Macerata ha tenuto a battesimo il suo libro d’esordio a settembre scorso, in occasione dei festeggiamenti dei 50 anni della sede Anffas locale, che ricordo ha di quel fine settimana?
“La primissima presentazione del mio libro è avvenuta a Macerata. È stata una grande emozione che porto ancora nel cuore. Iniziare questa lunghissima serie di incontri, oltre centoventi, insieme agli amici di Anffas Macerata, a grandi attori che leggevano le mie parole e condividendo il palcoscenico con scrittori veri è stato per me un onore e privilegio. In quell’occasione ho avuto anche il dono di conoscere Fabrizio Frizzi e, raccontandogli per pochi minuti la nostra storia, ho avuto la possibilità di cogliere la potente semplicità e limpidezza d’animo di questo grande uomo. Anche per questo motivo è un battesimo che ricordo con emozione e piacere. Ritornare a Macerata a raccontare ancora una volta le Buone Notizie che ci porta Anna è per me una bella emozione.”
Come immagina sua figlia Anna quando crescerà e compirà 18 anni; soprattutto, come desidera che la società si interfacci con lei e lei con la società?
“Immagino Anna come una ragazza piena di interessi, di desideri e di progetti. Un po’ come vedo Marta oggi che ha proprio 18 anni e immagino Francesca. Il mio desiderio che la società, o meglio, più persone possibile abbiano provato l’esperienza dell’incontro, della diversità, della condivisione della propria fragilità perché solo così la disabilità di Anna verrà vista come una caratteristica, certo un’invadente caratteristica ma non verrà confusa con Anna. Di conseguenza anche per Anna sarà più naturale interfacciarsi con le altre persone. Sono conscio che le difficoltà non mancheranno.”
Posto che voi, come altri genitori, siate riusciti a trasformare la disabilità in un valore – avendo dovuto immediatamente adeguare la scala dei valori ad una nuova logica di priorità – ha anche lei attraversato qualche momento buio in cui se non ci fosse stato l’aiuto di qualcuno ha pensato di non farcela? E se si chi l’ha sostenuta?
“Pensando alla nostra esperienza di genitori non credo che la disabilità sia un valore ma credo che cambiare il nostro sguardo sulla disabilità o meglio sulla diversità, dove la disabilità è solo un caso particolare, sia un grande valore. Cambiando lo sguardo è possibile incontrare chi si nasconde dietro alla disabilità che per prima incontriamo. Con questo non voglio negare la fatica, la difficoltà e i momenti difficili che abbiamo avuto e che avremo. L’incontro con altre persone con disabilità prima di Anna è stato fondamentale per prepararci all’incontro con Anna. L’incontro con specialisti e professionisti, anche loro a volte nascosti dietro a protocolli e formalità, è stato molto importante. L’incontro con famiglie che hanno figli con disabilità è stato salvifico. Non mi viene in mente una persona in particolare, ma sicuramente ogni incontro ha contribuito, e contribuisce, ad illuminare il buio. Nel mio libro scrivo “Ci sono momenti in cui tutti, ma proprio tutti, abbiamo bisogno degli altri come dell’ossigeno. Non abbiamo bisogno di sapere che cosa fare, ma abbiamo bisogno di sapere che possiamo fare qualsiasi cosa. E che, qualsiasi cosa faremo, ci sarà sempre qualcuno vicino a noi.”
A suo parere c’è differenza tra integrazione e inclusione sociale? Se si, qual è?
“Mi vengono in mente dei noti disegni con pallini colorati che utilizzo nei miei incontri nelle scuole elementari per spiegare la differenza tra esclusione, separazione, integrazione e inclusione. A volte queste semplificazioni schematiche rischiano di rendere questi concetti vuoti e lontani, ma se racconto, per esempio, che quando c’è un gruppetto di amici che fa un gioco all’interno della classe senza coinvolgere gli altri allora siamo certamente integrati nella classe, ma non includiamo gli altri. Io credo che uno degli errori più comuni che possiamo fare a proposito di inclusione è quello di considerarla un obiettivo. In questo modo probabilmente non arriveremo mai all’inclusione ideale e tutto quello che facciamo in quella direzione ci sembra quasi inutile. Se invece proviamo a considerare l’inclusione come un percorso, ecco che possiamo sentirci tutti coinvolti e ogni singolo gesto, anche piccolo, fatto da ognuno di noi acquisisce un valore tutto particolare.”
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