Ci accoglie nella sua casa e, mentre il figlio Pietro – dopo essere andato come tutte le mattine all’Anffas – viene a curiosare attratto dalla novità dell’incontro, ci accomodiamo nel salotto: un’ambiente ricco di ricordi, foto, libri, oggetti e bellissimi quadri molti dei quali dipinti da lei.
È una donna elegante, asciutta, schietta nel pensare come nell’apparire. Una tedesca si definisce e, aggiunge con un sorriso ironico, “Se non fossi stata così non sarei qui a raccontare”.
L’incontro inizia con un monito “Signorina la avverto, la mia vita è molto triste… a ogni modo …” e con quel lasciare in sospeso la conclusione della frase la maestra Lida inizia un vorticoso racconto. Dal suo diploma magistrale e la sua voglia di non lasciare nulla di incompiuto alla sua vita sociale attiva si viaggia con i ricordi fra i bombardamenti, lo studio, la passione per l’arte e per gli sport.
Foto di Paola Olmi
Ha molto da raccontare anche se si rammarica perché le difetta la memoria in un rincorrersi di date, nomi ed avventure. Una ricchezza di storie prima con la guerra poi con la sua vita privata che altra guerra è, senza data di fine però. Una vita piena, la sua, che vale almeno per altre due: quella di suo marito, Pietro Romagnoli, e quella di Pietro junior. Il primo è morto mentre lei era in attesa del loro figlio, nato nel gennaio del 1961 sanissimo e precoce nell’apprendimento, che dai tre anni ha iniziato una costante e inarrestabile regressione intellettiva. Pietro è autistico. Lei ha fatto tutto il possibile e l’inimmaginabile per cercare innanzitutto di sapere da cosa fosse affetto e poi quale fosse il modo migliore per aiutarlo.
È una combattente la maestra Lida e ora sta iniziando a dire che è un po’ stanca. Solo un po’, però, perché una novantenne può iniziare a lamentarsi.
Cosa pensa la maestra dell’Anffas Macerata?
“Beh non è proprio ciò che vorrei in assoluto – afferma – per mio figlio ma è ed è stata una grande e fondamentale opportunità. Ah certo! Mi solleva senz’altro, mi ha sollevato sempre tanto” pausa lunghissima.
“L’Anffas Macerata è stato costituita nel 1967 e lei dalla fine degli anni ’70 ha iniziato a portarvi Pietro e ne è diventata una parte importante, un pezzo di storia. “Da allora ,come genitori, siamo rimasti in due!” dice sorridendo. Fra le molte attività nel suo interno del direttivo, è stata revisore dei conti. Ha assistito all’evoluzione di questa struttura e contribuito alla creazione della realtà attuale.
Come era allora l’Anffas Macerata?
“Una capanna”, risponde senza indugio.
E mentre Pietro cresceva fra difficoltà e interrogativi sul suo futuro, lei salta fra passato e presente e inizia a raccontare nomi e cognomi delle persone che ha incontrato in Anffas e che con lei hanno preso parte alle varie iniziative e attività in essere.
Come una spoletta del chiacchierino il suo racconto va avanti e dietro, sopra e sotto, gira e riprende, senza fiato alla ricerca di un respiro più profondo per ripartire con verve e rigore.
Il giorno del matrimonio, il 28 ottobre 1958, segna una nuova tappa della sua interessante vita, ricca di progetti e anche qui, di programmi perentori: “Dissi a mio marito che non volevo figli e, se proprio dovevano arrivare, allora mi sarei fermata a cinque, non uno di più , non uno di meno“. Il 17 ottobre del 1960 suo marito e altri due uomini, in auto con lui, morirono perché investiti dal treno. “Sa, signorina, una volta i passaggi a livello erano incustoditi o, meglio, erano alzati e abbassati a mano, con una manovella…” e anche qui tutto rimane sospeso fra la sua perizia nello scegliere le parole più adatte e meno taglienti. Per non farla di nuovo soffrire, per non farmi troppo approfondire.
Fra lo stato confusionale dovuto alla tragica e acerba scomparsa del marito e l’esaltazione per la nascita di suo figlio, la maestra Lida inizia a respirare aria nuova e frizzante ma qualcosa non va nel suo bambino.
Foto di Paola Olmi
Si informa, chiede pareri e consulenze. Gira l’Italia fra Roma, Milano e Rimini – prima di andare in Anffas – e lo porta negli istituti dove lavoravano i migliori specialisti del tempo. Descrive le crisi di rigetto e la relativa aggressività di suo figlio Pietro durante le estenuanti sedute di psicanalisi fatte fuori zona e, solo in parte, a Macerata. Rammenta le preoccupazioni e gli insulti da lei subiti per una sorta di cattiva gestione affettiva di suo figlio del cui malessere lei, a detta di alcuni esperti del tempo, era unica causa; le corse in auto per vederlo di nascosto nelle strutture di altre regioni in cui era stato ricoverato anche per mesi.
Lei ha sempre amato le auto, soprattutto quelle sportive, e si interroga “È da un po’ che non guido, devo far ricaricare la batteria della Mini che forse è andata giù?”
Un sospiro, un altro pensiero vorticoso che le accende lo sguardo e via con un’altra storia.
Riassapora i migliori due anni della sua vita con il figlio che aveva 7 anni e che portava con sé mentre faceva lezione alle prime classi delle elementari, a Vissani di Montecassiano, contro la volontà del direttore didattico, circondata dall’amore e dall’affetto di tutti i compagni di classe e delle loro famiglie. Riflette su quando, con la sua Alfa Zagato rossa, terminata la scuola, si metteva su strada e correva a Rimini per vedere suo figlio che accompagnava, insieme a delle signorine svizzere che lo accudivano, in giro per la città.
Fra psicanalisi, terapie, interventi chirurgici Pietro cresce. Grazie alla pazienza e dedizione di sua nonna prende la licenza elementare. Pietro con lei e i nonni ha fatto di tutto: ha viaggiato, ha praticato moltissimi sport, è andato al teatro. “Prendevo un palco intero per noi due – dice – e me lo sono sempre portata con me”.
La maestra Lida non è stata presente alla nascita dell’Anffas ma è arrivata appena dopo. Ricorda con dovizia di particolari gli incontri serali di tutti i professionisti e genitori dei ragazzi con disabilità che cercavano di dare una forma e un contenuto a quel luogo. I viaggi di chi andava all’Anffas nazionale, la stesura dello statuto, gli scambi più o meno accesi di opinioni, la richiesta di collaborazione da parte di esperti esterni, le lunghe nottate trascorse a parlare, la gestione della mensa per i ragazzi che veniva fatta a livello di manovalanza volontaria dalle mamme. “C’era chi tagliava – spiega – chi condiva, chi sparecchiava. Io, solitamente, lavavo i piatti e una volta fuori pioveva da matti. In poco tempo mi sono trovata con l’acqua sopra e sotto. Lavavo e lavavo, i ragazzi erano con l’assistente e mi pioveva in testa. Non sapevo cosa fare. Sono andata avanti”. Ma questo è nulla in confronto agli altri racconti. “Quando ho conosciuto l’Anffas mi sono un po’ ripresa ma era ancora tutto da fare. Ci sono tante belle idee anche se, ancora, non tutte realizzate”.
Ci siamo congedate con un abbraccio e, da parte sua un “Signorina, il 28 marzo ci vediamo?“.
Certamente il 28 marzo ci vedremo e festeggeremo l’Open Day dell’Anffas.
A presto maestra di ferro e occhio a Pietro che sta dando l’assalto e degli ottimi gueffus (dolcetti sardi alle mandorle) che ci ha gentilmente offerto e che sono rimasti incustoditi per il tempo del saluto, prima di essere nuovamente nascosti alla sua ingordigia.
Pietro ciao, ci si incontra presto per fare festa.
Il giorno dell’Open Day Anffas in tutte le sedi nazionali, alle 17, si farà un brindisi.
A Macerata sarà un giorno speciale anche per la maestra Lida e per suo figlio Pietro: un pomeriggio da ricordare nei suoi futuri e ricchi racconti.
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